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mercoledì 29 febbraio 2012

SUPERSTIZIONI

Oggi è il 29 febbraio e questa data riporta alla mente il detto popolare "anno bisesto, anno funesto".


Per sfatare questa superstizione ho fatto una piccola ricerca per scoprire l'origine di questa credenza popolare. La risposta più esaustiva che ho trovato è stata quella nel blog www.placidasignora.com
Ecco il post completo: http://www.placidasignora.com/2011/12/15/perche-si-dice-anno-bisestile-e-anno-bisesto-anno-funesto/ Ne riporto qui qualche stralcio:

"Secondo alcuni, la malafama del bisesto deriverebbe dal fatto che febbraio era dagli antichi romani vissuto come un mese molto poco allegro: era il Mensis Feralis, il mese dei morti, quasi completamente dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di costrizione e purificazione poiché, secondo il calendario arcaico attribuito a Romolo, si trattava dell’ultimo mese prima del nuovo anno, che nasceva a marzo.
A fine febbraio si tenevano le Feralia , celebrazioni solenni in onore dei dipartiti; poi c’erano le Terminalia, dedicate a Termine dio dei Confini, e infine le Equirie , gare di corsa nel Campo di Marte attraverso 12 porte (come il numero dei segni zodiacali) per 7 giri (come il numero degli antichi pianeti). Queste gare erano il simbolo della conclusione di un ciclo cosmico, quindi simbolo di morte e di fine; e per tutte le culture il passaggio dal Vecchio(conosciuto) al Nuovo (sconosciuto) è sempre cosa inquietante.
Uno dei pochi uomini di cultura che mise nero su bianco la sua opinione sugli anni bisestili, fomentando l’inquietudine e la paura, fu nel XV sec. il medico Michele Savonarola, tipetto lugubre e geremiante, degno nonno di Gerolamo.
Egli affermò che i bisesti erano nefasti per greggi e vegetazioni; che portavano impennate di epidemie malariche e che erano controindicati per tutto ciò che riguardava l’acqua: quindi niente bagni e cure termali, ma soprattutto attenzione a funestanti diluvi e alluvioni.
In realtà l’anno bisestile è considerato funesto solo perché, sin dai primordi delle civiltà, tutte le cose anomale rispetto alla norma (come eclissi, comete, capelli rossi, albini, pecore nere ecc), venivano considerate di cattivo auspicio.
Quindi anche un anno diverso dagli altri era strano, “mostruoso“ e perciò – scatenando le paure irrazionali ed ataviche dette superstizioni- giudicato sicuramente foriero di avvenimenti imprevisti e particolari."

...e già che siamo in tema di SUPERSTIZIONI, ecco una mia piccola ricerca su altre superstizioni piuttosto diffuse...
WIKIPEDIA dà questa definizione di SUPERSTIZIONE:
"L'uomo, per sua natura, tende a voler ricreare un legame logico tra eventi di per sé ininfluenti e, a seconda del carattere più o meno pessimista, preferisce ricordare principalmente gli eventi favorevoli o sfavorevoli, tentando di associarli ad un particolare periodo dell'anno, ad un particolare luogo o ad una certa azione, nella speranza di poterli governare ed esorcizzare. Questo comportamento non è molto diverso dalle più comuni pratiche religiose, che proprio per questo motivo, vengono considerate dai non credenti una sorta di superstizione esasperata all'ennesima potenza."

ROMPERE UNO SPECCHIO:
Rompere uno specchio porta sfortuna per 7 anni.
Le spiegazioni di questa credenza sono due.
Per i cinesi, e gli orientali in genere, ogni luogo ove viene riflesso il corpo umano è sacro, misterioso e perciò pericoloso poiché cattura, assieme all’immagine, anche l’anima di colui che vi si riflette.
Rompere uno specchio quindi significa distruggere anche parte dell’esistenza/spirito del riflesso; ergo, è funesto presagio.
Dall’antica Roma in poi invece, quando si diffuse questa credenza in ambito europeo, la rottura di uno specchio aveva il significato di portasfortuna per motivi più prosaici.
Gli specchi costavano moltissimo a causa del primitivo strato d’oro, argento o rame puro (in seguito di piombo, stagno, mercurio, alluminio ecc ) che veniva spalmato come riflettente sulla base prima del posizionamento della lastra di vetro sopra.
Romperne uno significava quindi sempre un’infausta “perdita“, soprattutto economica, quale il dover fare almeno 7 anni di sacrifici prima di riuscire a comprarne un altro. 
Per evitare la sfortuna ci sono dei rimedi.
O porre i frammenti dello specchio rotto in una bacinella d’acqua insieme a una pietra trasparente e chiarissima (es. cristallo di quarzo, diamante, acquamarina ecc), lasciarli lì per 7 giorni e poi gettare il tutto (acqua compresa ma tranne le pietre ché perderle, le preziose, sarebbe altra sfortuna ;-) ) lontano da casa.
O raccattare velocissimi i pezzi di specchio e precipitarsi al più vicino corso d’acqua dolce corrente (fiume, torrente) e buttarli dentro.

APRIRE UN OMBRELLO IN CASA:
Aprire un ombrello in casa è considerato un cattivo presagio, perché indicherebbe che il tetto lasci passare la pioggia, simboleggiando una casa ridotta in miseria.

APPOGGIARE UN CAPPELLO SUL LETTO:
Si ritiene che appoggiare un cappello sul letto possa portare un lutto in famiglia; probabilmente deriva dal fatto che spesso gli indumenti di ospiti improvvisati o in soprannumero vengono adagiati sul letto per mancanza di altro spazio e per comodità. Uno degli eventi che può creare questa situazione è proprio un funerale.
Oppure - altra spiegazione - in passato, quando i sacerdoti si recavano al capezzale di un moribondo, posavano il cappello sul letto. Da allora è nata la superstizione che posare un copricapo sul letto porti sfortuna.

ROVESCIARE IL SALE:
Anche se nel Cenacolo di Leonardo Da Vinci non si vede più, data l'usura della tela, Giuda col gomito aveva rovesciato il salino mentre parlava all'orecchio di Gesù. Da qui è partita la superstizione che versare il sale porti sfortuna.
Altre "teorie correlate":
Il sale in antichità era prezioso, ad es. per conservare gli alimenti o per difendere la salute da malattie dovute alla carenza di sodio e potassio. Farlo cadere equivaleva a perdere un'importante risorsa.
"Salato" è un aggettivo proprio di qualcosa di costoso; Cristo viene definito "il sale della Terra"; all'atto del battesimo, una volta, si mettevano sulle labbra alcuni grani di sale come simbolo di buon auspicio. Versare accidentalmente il sale ha la doppia valenza di sperpero e di sacrilegio.
Il sale era talmente prezioso che i soldati venivano retribuiti proprio col sale (da cui deriva il "salario") e addirittura i Romani avevano costruito una strada che portava verso le saline (la Salaria).

venerdì 24 febbraio 2012

CHIUDI GLI OCCHI E... ASCOLTA VENEZIA

...continuo il "viaggio sensoriale" nel libro "VENEZIA E' UN PESCE" di Tiziano Scarpa... nel capitolo intitolato "Orecchie", mi soffermo su questo splendido passaggio:
"Chiudi gli occhi (...) Uno scrittore cieco diceva che per lui una bella giornata è una giornata di vento, di pioggia. Gli alberi si fanno sentire, accartocciano l'aria lì in fondo. La densità degli scrosci d'acqua, il loro impatto con le cose lascia indovinare la forma della città: qui c'è un palazzo altissimo, di là la tenda di un bar.
A Venezia la stessa nuvola rovescia secchiate oblique su un campo, ma riesce a centrare con poche frecce d'acqua le calli strette: le gocce si fanno all'improvviso più sottili, eppure questa grondaia fiotta, il canale lì dietro è pieno di cerchietti, come se un miliardo di pescatori stesse gettando la lenza nello stesso istante. Con un po' di esercizio potrai riconoscere a orecchio la pioggia più impalpabile, sentirai la nuvola più leggera, udirai le goccioline sospese raso terra, ascolterai la nebbia.
I tacchi che risuonano mentre cammini di notte nelle calli sono la punteggiatura della tua solitudine.
La tua giornata viene affettata in ore e mezz'ore dai rintocchi delle campane. A mezzanotte rintrona la madre di tutte le campane: la marangona del campanile di san Marco comanda il silenzio."

mercoledì 22 febbraio 2012

"VENEZIA E' UN PESCE" di Tiziano Scarpa

Ciao a Tutti! Collegandomi al mio post precedente, desidero darvi qualche informazione in più sul bellissimo libro "VENEZIA E' UN PESCE" di Tiziano Scarpa.



Il titolo è piuttosto curioso... la prima cosa che viene in mente (anche guardando la copertina) è il riferimento alla forma stessa di Venezia. Volendolo vedere in senso simbolico, però, possiamo aggiungerci anche un'altra valenza: Tiziano Scarpa, nato e cresciuto a Venezia, ritrae Venezia come un organismo primitivo e avvolgente, materno e misterioso, come ogni origine. Venezia è un pesce, "è dalla notte dei tempi che naviga". Come si può non vedere nell'immagine del pesce mitologico quella del mare, cioè dell'origine - materna per definizione? 
Finchè non ci si approccia a questo libro, si può essere portati a pensare che di Venezia sia già stato detto praticamente tutto, da poeti, romanzieri, viaggiatori di tutto il mondo. Eppure l'autore riesce a mostrarci Venezia sotto una nuova luce.
Potremmo definire questo libro una "guida atipica", molto sui generis e anche molto innamorata. Non parla dei soliti itinerari, quanto piuttosto di esperienze "fisiche" ed "emotive" fatte a Venezia (o, forse, sarebbe meglio dire "fatte DI Venezia stessa") attraverso parti del corpo e sensazioni. Davvero originale!
Leggendo questa "guida" si possono provare peripezie sensitive e sentimentali che si vivono solo a Venezia; perchè Venezia, prima ancora che un'anomalia urbanistica, è un modo insolito di stare al mondo, è l'esistenza reinventata da cima a fondo.
Prendiamo ad es. il primo capitolo intitolato "PIEDI"... dice che a Venezia non bisogna seguire i cartelli con le varie indicazioni ("Alla ferrovia", "Per San Marco", ...), bensì girovagare a caso, senza fretta e senza meta... Bisogna imparare a vagare, a vagabondare, disorientarsi, bighellonare... Tutte indicazioni che predispongono subito in modo positivo, facendoci entrare in uno strano "mondo a parte", dove il traffico stradale è completamente inesistente, e di conseguenza anche buona parte dello stress e nervosismo ad esso connessi.
Scorrendo questo capitolo, si trovano queste indicazioni:
"Il primo e unico itinerario che ti suggerisco ha un nome. Si intitola: A caso. Sottotitolo: Senza meta. Venezia è piccola, puoi permetterti di perderti senza mai uscirne davvero. Male che ti vada, finirai sempre su un orlo, una riva davanti all'acqua. Non c'è nessun Minotauro in questo labirinto (...) SMARRIRSI è l'unico posto dove vale la pena di andare."
...prossimamente condividerò con voi qualche altro passaggio interessante...

lunedì 20 febbraio 2012

CHE VOLTO-MASCHERA INDOSSI?

...prima che il CARNEVALE finisca, voglio condividere con voi un estratto (che mi è particolarmente piaciuto e che parla di maschera/travestimento/identità) dal libro "VENEZIA E' UN PESCE" di Tiziano Scarpa:
"VOLTO in veneziano significa maschera, come PERSONA in latino.
Gli studi di antropologia sul Carnevale ti spiegano che tra l'Epifania e la Quaresima il mondo si capovolgeva. Il figlio mancava di rispetto al padre, ci si scambiava di sesso, non era più vietato sbeffeggiare il re. Tutto questo serviva a confermare l'ordine dell'universo. Trasgredire la legge significava celebrarla. Violarla una volta sola, durante una festa comandata, equivaleva a riconoscere la sua signoria su tutto il resto del tempo.
A Venezia si gira portandosi addosso la propria faccia per ciò che essa è veramente: un luogo pubblico. E' una città dove non esiste la privacy. Ci si incontra in continuazione, ci si saluta sette volte al giorno, si continua a parlare allontanandosi, a venti metri uno dall'altro, alzando la voce in mezzo ai passanti. Le finestre dirimpettaie sono dall'altra parte della calle: a un metro di distanza. E' molto difficile fare le cose di nascosto, avere una doppia vita, nascondere le proprie frequentazioni, le tresche, gli adulteri.
Se abiti qui ti viene voglia di fare una passeggiata liberatoria lasciando a casa te stesso, una camminata per prendere un po' di respiro dalla tua personalità. Abbandoni i tuoi pensieri, ti dimentichi di te. Esci e ti limiti a guardarti intorno, vorresti che fosse il paesaggio a pensare al posto tuo mostrandoti una serie di spettacoli da contemplare, rumori, odori, scene di cui prendere atto e basta: ma ecco che trovi subito qualcuno che ti saluta, ti chiama per nome, ti restituisce a te stesso, ti ricorda chi sei.
Henry James ha scritto che Venezia è come un interno, un appartamento fatto di corridoi e salotti: si cammina sempre dentro, non si è mai veramente fuori, non esiste l'esterno nemmeno per la strada.
Apparentemente (che è come dire: mascheratamente) la passione veneziana per la maschera è nata da questo bisogno di incognito, di protezione per la propria identità. Perchè questa è una città dove la vita pubblica ti costringe a tirar fuori il tuo carattere fino alla superficie della faccia, a trasferirlo in permanenza dall'anima al volto."
...e voi che VOLTO-MASCHERA indossate...?

giovedì 16 febbraio 2012

BACI FAMOSI (ARTE)

...anche se San Valentino ormai è passato, ho continuato la mia "ricerca di baci famosi" nell'arte...
riporto qui di seguito alcuni dei più noti... se ne conoscete altri di belli di pittori o scultori, segnalatemeli: sarò ben felice di arricchire la galleria (e la mia conoscenza!)

"IL BACIO" di KLIMT

"IL BACIO" di FRANCESCO HAYEZ

"IL BACIO" di GAETANO PREVIATI

bacio tra Paolo e Francesca di GIUSEPPE POLI

"GLI AMANTI" di RENE' MAGRITTE

"AMORE e PSICHE" di ANTONIO CANOVA

...anche per questi baci / opere d'arte attendo le vostre preferenze :)



martedì 14 febbraio 2012

BACI FAMOSI (CINEMA)

...nel giorno di San Valentino, non poteva mancare una carrellata di BACI CELEBRI del CINEMA...


"VIA COL VENTO"


"COLAZIONE DA TIFFANY"


"GHOST"


"ROMEO + GIULIETTA"


"BASIC INSTINCT"


"TITANIC"


"DA QUI ALL'ETERNITA' "


"L'ULTIMO BACIO"


"IL FIGLIO DELLO SCEICCO"

...e voi in quale bacio/film vi ritrovate? :)



sabato 11 febbraio 2012

"PETALI DI ROSE SCARLATTE" di Giuliana Barontini

Un po' di tempo fa ho partecipato ad una "CATENA di LETTURA" su ANOBII... grazie ad essa, ho avuto l'opportunità di leggere una bella RACCOLTA di POESIE, scritta da Giuliana Barontini, intitolata "PETALI DI ROSE SCARLATTE".
 
Ho letto tutte di seguito le belle poesie di Giuliana, pagina dopo pagina, senza interruzioni, per non spezzare l'incanto delle sue parole. 
Quello che emerge è un ricco mondo interiore dell'autrice, una sensibilità matura nel vivere e raccontare le sue sensazione ed emozioni. 
Molte di queste poesie, a mio parere, si presterebbero bene anche ad essere declamate ad alta voce, su un palcoscenico, in intensi monologhi. 
Poesie che spesso parlano d'amore, ma che sanno anche gridare disperazione e sviscerare sensazioni di dolore e rabbia. 
La mia preferita è "TREMULE LUCI": mi è piaciuta la MELODIA dei suoi versi, parole che, come un pennello intinto in colori leggeri e rassicuranti, dipingono una scena di cui mi sono sentita parte, da cui mi sono sentita cullata e rassicurata. 
Dopo aver chiesto (ed ottenuto) il permesso dell'autrice, con grande piacere condivido con voi la poesia che mi è piaciuta di più:
"TREMULE LUCI" di Giuliana Barontini


Brillano nel cielo
tremule luci i ricordi
che non tramontano
con il buio della sera
si risvegliano


Emigranti pensieri
stanchi, ma sereni
si distendono lievi
come sete leggere
sul sentiero del cielo


Corrono veloci verso l'orsa maggiore
incontro di stelle e amori


Da Lassù
giochi di luci e colori
riflettono nel mare infinito
ombre di emozioni


Silenzi
gridano dolci parole
mentre note
di melodie lontane
si confondono
colonna sonora
ai sospiri degli innamorati
che attendono con occhi sognanti
sapore di baci


Il tempo scorre lento
pagine e pagine di vita
si aprono al sentire


Carezze di vento
le sensazioni sulla pelle
mentre una luna
curiosa e vicina
illumina gli attimi di questa meravigliosa sera



mercoledì 8 febbraio 2012

"SHANGHAI BABY" di Zhou Weihui

Ciao a Tutti, Carissimi Lettori e Lettrici del mio blog!


Oggi voglio condividere con voi la lettura del libro "SHANGHAI BABY" di Zhou Weihui e alcuni estratti che mi sono particolarmente piaciuti.


Ma veniamo subito alla mia personale RECENSIONE del libro per SOLOLIBRI.NET:
http://www.sololibri.net/Shanghai-Baby-Zhou-Weihui.html



Qui di seguito ecco invece alcuni estratti dal libro... frasi che mi sono piaciute, che ho sottolineato durante la lettura:

"Cadiamo spesso nell'oblio: per quanto mi riguarda, dimentico più velocemente ciò che mi ha fatto soffrire." 
"Proprio per questo motivo diventerai una scrittrice famosa. Lo scrittore seppellisce il passato con le parole."



Mi innamorai della me stessa protagonista del mio romanzo, perché là ero più intelligente e più capace di capire gli innumerevoli risvolti di questo mondo, il ricco contenuto nascosto nell'amore e nell'odio.


Silenziosamente avevo piantato i semi dei sogni tra le parole e le righe, e occorreva soltanto un raggio di sole per farli germogliare. Lo scrittore lavora come l'alchimista di un tempo, deve sapere rendere puro ciò che è impuro, mutare la realtà negativa e vuota in un'arte significativa, ricca di contenuto.


Chi dice che "il sesso ha bisogno dell'astinenza" ha ragione: l'astinenza è il migliore afrodisiaco che esista al mondo.


Nei raggi di sole che filtravano nello studio danzavano minuscoli granuli di polvere, come i mille pensieri che si muovono nella mia mente.


Avere compassione per se stessi è l'azione più vile che si possa fare.

lunedì 6 febbraio 2012

L'AMORE (anche finto) DI CUI NON SI PUO' FARE A MENO

"Ma per quattro anni lui le reiterò il suo amore, e lei trovò sempre il modo di respingerlo senza offenderlo, perchè malgrado non riuscisse ad amarlo ormai non poteva vivere senza di lui."
da "CENT'ANNI DI SOLITUDINE" di Gabriel Garcia Marquez

sabato 4 febbraio 2012

SOLITUDINE SATURATA D'IMMAGINI

"La chiamò molte volte, in disperati sforzi di concentrazione, ma Remedios non rispose. La cercò nel laboratorio delle sue sorelle, dietro le tende della sua casa, nell'ufficio di suo padre, ma la trovò soltanto nella immagine che saturava la sua stessa e terribile solitudine."
da "CENT'ANNI DI SOLITUDINE" di Gabriel Garcia Marquez

giovedì 2 febbraio 2012

SOGNI SOVRAPPOSTI

"...ma non riuscirono a dormire, e invece rimasero a sognare svegli per tutto il giorno. In quello stato di allucinata lucidità non soltanto vedevano le immagini dei loro stessi sogni, ma vedevano perfino gli uni le immagini sognate dagli altri. Era come se la casa si fosse riempita di visitatori."
da "CENT'ANNI DI SOLITUDINE" di Gabriel Garcia Marquez